lunedì 5 maggio 2014

LA DIVINA COMMEDIA UN RITUALE SCIAMANICO?

Il mondo degli spiriti sciamanici incontra quello di Dante


Quella di cui vi voglio parlare in questo articolo è strettamente legata al viaggio ultraterreno in corpore di Dante e alla struttura dell’aldilà cristiano. Il racconto dantesco, infatti, può essere associato al mondo degli spiriti della cultura sciamanica: il mondo inferiore a cui si accede tramite fori sul suolo terrestre; il mondo intermedio, un mondo parallelo a quello in cui viviamo, e infine, un mondo superiore che va oltre il cielo.



Quando di parla di sciamanesimo bisogna tenere in considerazione non solo i luoghi con cui lo spirito sciamanico interagisce ma soprattutto le entità con lui lo fa. Si tratta principalmente di animali o di sommi maestri, come nel caso di Virgilio, che accompagnano lo spirito alla scoperta del nuovo mondo. 
Alla fine del suo viaggio Dante conoscerà la Legge dell’universo, passando dallo stato umano a quello transumano. Descrivendolo così, l’itinerario del poeta si rivela come la trasposizione allegorica di un rituale iniziatico vero e proprio che ha come fine la gnosi attraverso l’artificio odeporico.


Le analogie

Anche l’ iniziazione sciamanica così come accade nei principali culti antichi, prevede una morte “apparente”, simbolica, condizione sine qua non per ogni ascesa. Gli sciamani, infatti, raccontano di essere scesi negli inferi, di avere lottato contro animali che impedivano loro il cammino, di averli battuti e quindi di essere così ri-nati.

Anche Dante subisce più volte la morte iniziatica davanti la porta dell’Inferno
e caddicome l’uom che ‘l sonno piglia (Inf. III, 136);
all’entrata del terzo cerchio:
e caddi come corpo morto cade” (Inf. V, 142);
 e infine davanti a Dite:


io non morì e non rimasi vivo (Inf. XXXIV, 25).

L’ultima presenza di morte “apparente” la si trova nell’ottavo cerchio quando al termine della salita,  un grido lo tramortisce.

L’ascesa verso il Paradiso, passando dal Purgatorio, avviene mediante un cingulum che Dante getta a Gerione per “salire” al regno di mezzo. La corda, una pianta o un’altura inoltre sono anche i mezzi scelti dagli sciamani per “arrampicarsi” e raggiungere il Mondo superiore.

Il mito dell'Uccello

Arrivati a questo punto delle analogie, occorre ricordare il Canto IX del Purgatorio, vv.1-3  in cui Dante, addormentatosi sulla porta del antipurgatorio, sogna di trovarsi sul monte Ida quando un’aquila piomba improvvisamente su di lui portandolo fino alla sfera del fuoco dove bruceranno insieme. Il poeta poi si risveglierà a causa della sensazione di calore e riprenderà il suo viaggio.
Il mito dell'Uccello
Quello dell’Uccello infatti è un mito ricorrente nei rituali sciamanici, il volatile si presenta in due occasioni e cioè alla nascita spirituale e alla morte. L’uccello porta l’anima dello sciamano negli inferi e aspetta che maturi su un ramo d’abete; dopo smembra il suo corpo dando la carne in pasto agli spiriti malvagi e infine, ritornato sulla terra, ricompone il corpo dello sciamano, gli restituisce l’anima e lo risveglia.

 

La decapitazione

Bertram da Bornio che tiene in mano la sua testa decapitata - Gustav Dore'
Un’altra tradizione sciamanica prevede che la testa dell’eletto venga decapitata dagli spiriti maligni e messa davanti al corpo in modo che l’iniziando possa assistere con i suoi occhi allo smembramento del corpo e al sacrificio delle sue ossa.  Questo rito sciamanico lo ritroviamo nel XXVIII Canto dell’Inferno, vv. 118-142 a proposito di Bertram da Bornio. Dante, infatti, racconta di aver visto un uomo con la testa mozzata che la regge dai capelli “ a guisa di lanterna”.

Ci siamo serviti di queste analogie con la Divina Commedia perchè sono il punto di partenza per capire l’importanza simbolica delle religioni primordiali e popolari e quindi per riconoscere in esse i veri portatori delle tradizioni alla base della nostra civiltà.

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