Sapevate che potrebbero esistere collegamenti tra Dante e la Cabala ebraica? O che le immagini dell'Inferno dantesco sono state utilizzate da Primo Levi come metafora della Shoah?
Dal Duecento ai giorni nostri, ecco come si è evoluto il rapporto tra Dante e l'Ebraismo.
La spiritualità è
una componente sempre presente negli scritti di Dante. Oltre al suo
viaggio nell'Aldilà nella celebre Divina
Commedia, alcuni storici e pensatori
hanno trovato corrispondenze anche tra Dante
e l'Ebraismo.
Dante e la Cabala ebraica
Secondo Sandra Debenedetti Stow, è possibile trovare analogie tra l'universo dantesco e le pratiche della Cabala ebraica, ovvero gli insegnamenti esoterici ebraici: entrambi rivolti ad una ricerca interiore verso il trascendente.
Pura casualità ?
Pare di sì. Infatti, non si ha testimonianza storica di collegamenti
diretti tra Dante e l'Ebraismo
dato che nel Duecento a Firenze non esistevano circoli di studiosi
ebraici e non si erano ancora diffusi i testi mistici giudaici.
Per vedere la piena espansione della Cabala in Occidente, si dovrà attendere il Quattrocento, quando il misticismo giudaico verrà preso in considerazione nel pensiero europeo.
Per vedere la piena espansione della Cabala in Occidente, si dovrà attendere il Quattrocento, quando il misticismo giudaico verrà preso in considerazione nel pensiero europeo.
Dante e la lingua ebraica
Eppure qualche contatto tra Dante e l'Ebraismo è evidente: la religione ebraica e ciò che ne deriva compaiono in diverse opere del sommo poeta fiorentino. Dante era consapevole dell'importanza anche della lingua ebraica, soprattutto nei testi e nei miti religiosi.
Nel trattato De
vulgari eloquentia,
scritto tra il 1303 e il 1305, Dante afferma che è stato proprio in
ebraico che Adamo parlò per la prima volta. Il primo suono del primo
uomo è stato "El", che in ebraico significa "Dio".
La fonte di questa primordiale affermazione umana non è la Bibbia, ma Dante stesso. Sempre nel De vulgari eloquentia, immagina – in ebraico – il primo dialogo avvenuto in assoluto.
La fonte di questa primordiale affermazione umana non è la Bibbia, ma Dante stesso. Sempre nel De vulgari eloquentia, immagina – in ebraico – il primo dialogo avvenuto in assoluto.
Si tratta di immagini
fantasiose che sfiorano il misticismo e la vaghezza. Ma, al tempo
stesso, denotano la forte spinta esoterica che si confonde con la
religiosità nei testi del poeta fiorentino.
Dante nel mondo ebraico
Finora si è parlato dei riferimenti all'Ebraismo negli scritti di Dante, ma è possibile fare anche una ricerca inversa, ovvero indagare la presenza di Dante nel mondo ebraico.
Il poeta fiorentino è ben conosciuto e apprezzato nei circoli filosofici ebraici già da diversi secoli. Pioniera è stata sicuramente la Divina Commedia, opera tanto apprezzata quanto diffusa.
Nell'Ottocento sono
comparse le prime traduzioni in ebraico della Divina
Commedia e nel 1865 il letterato ebreo
Samuele Davide Luzzatto esalta il forte senso della
giustizia di Dante che appare nella Divina
Commedia.
Molti sono, inoltre,
i poeti e gli intellettuali contemporanei ebraici che si ispirano agli scritti di Dante. Tra i vari, si ricordano soprattutto Ariel Rathaus, docente di letteratura italiana alla Hebrew University; e Primo Levi, il noto scrittore ebreo, sopravvissuto ad Auschwitz, le cui opere contengono diversi riferimenti alla Divina Commedia. Basti pensare al suo libro Sommersi e salvati che già nel titolo contiene riferimenti ad alcuni gruppi di anime dantesche, condannate a essere perennemente sommerse nella terra; oppure al testo di Se questo è un uomo, nel quale le
immagini dell'inferno di Dante sono utilizzate come metafore
della Shoah.
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La copertina di Salvati e sommersi di Primo Levi, Einaudi
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